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30-11-2015

Il complesso zinco-carnosina, un’azione benefica sulla salute dello stomaco

stomaco La combinazione molecolare brevettata di L-carnosina e di zinco legati tramite chelazione è stata ampiamente studiata in Giappone per le sue capacità di rinforzare la secrezione di muco e per i suoi effetti antiossidanti. Viene utilizzata, in questo paese, nel trattamento di disturbi gastrici come le ulcere, le dispepsie o le infezioni da Helicobater pylori, il batterio implicato nelle ulcere dello stomaco. Il complesso zinco-carnosina rinforza i meccanismi naturali di difesa dello stomaco, attenuando così gli effetti dello stress, dei batteri o dello stile di vita.

La teoria che spiega il meccanismo di azione del complesso zinco-carnosina è che si dissocia lentamente nel compartimento acido dello stomaco, aderendo alla sua parete, con una preferenza marcata per i siti ulcerosi e liberando poi lo ione zinco e la L-carnosina. Rinforza la secrezione normale del muco e mantiene l’integrità della barriera protettiva mucosale1.
Gli studi di distribuzione nei tessuti hanno poi dimostrato che il componente viene metabolizzato come amminoacidi endogeni o come zinco dopo la sua dissociazione nell’organismo2. La concentrazione plasmatica di zinco raggiunge il suo apice un’ora dopo l’assorbimento del complesso zinco-carnosina e scende poi nuovamente lentamente per riprendere il suo livello iniziale 11 ore dopo. Altri studi hanno mostrato un potere antiossidante e degli effetti stabilizzatori della membrana nello stomaco.

Rinforza la salute delle cellule gastriche

È stata studiata la capacità del complesso zinco-carnosina di prevenire i danni radicalari sulle cellule gastriche. Alcune cellule gastriche di ratti sono state esposte ad etanolo e al perossido di idrogeno, due sostanze conosciute per causare dei danni radicalari su alcune cellule viventi. Alcune cellule sono state bagnate con perossido di idrogeno, etanolo, complesso zinco-carnosina o una combinazione che associava il complesso zinco-carnosina con l’etanolo o il perossido di idrogeno. Laddove le cellule bagnate nelle soluzioni di etanolo e di perossido di idrogeno mostravano tutte delle lesioni dovute alla produzione di radicali liberi, le cellule bagnate nel complesso zinco-carnosina erano protette in maniera importante da questi danni. I ricercatori ne hanno dedotto che lo zinco proteggeva direttamente le cellule mucosali dello stomaco dallo stress ossidativo e dalle lesioni indotte dall’alcol3.
Altre ricerche hanno appena confermato gli effetti gastroprotettivi del complesso zinco-carnosina. In un altro studio su alcuni ratti, sono state indotte delle lesioni gastriche tramite la somministrazione di monoclarammina conosciuta per il suo potere ossidante. Uno dei gruppi di animali è stato nutrito con il complesso zinco-carnosina prima di essere esposto al prodotto chimico. I ricercatori hanno constatato che la dimensione delle lesioni nel gruppo di animali che avevano ricevuto il complesso zinco-carnosina era significativamente meno importante di quella degli animali che non l’avevano ricevuto4. Altri studi hanno appena riconfermato questi risultati, attribuendo in parte l’efficacia del complesso zinco-carnosina alle sue proprietà antiossidanti5.

Uno studio su una linea di cellule gastriche mucosali di ratti ha esaminato l’effetto inibitore del complesso zinco-carnosina sull’apoptosi indotta dall’indometacina (IND). Questo prodotto chimico produce delle specie reattive dell’ossigeno. Ma questo studio ha permesso di mostrare che il complesso zinco-carnosina può esercitare un’azione protettiva tramite un altro mezzo che eserciti un’azione antiossidante. Ha inibito l’apoptosi delle cellule gastriche bloccando l’attivazione di un enzima, la caspasi-36.
In alcuni ratti, è stato anche mostrato che il complesso zinco-carnosina rallenta lo sviluppo delle lesioni indotte dall’aspirina nello stomaco. I ricercatori hanno individuato dei livelli più bassi di TNF-alfa negli animali che avevano ricevuto il complesso zinco-carnosina rispetto agli animali testimoni. Il TNF-alfa è una citochina infiammatoria conosciuta per essere liberata in risposta a delle lesioni gastriche. Questi risultati suggeriscono che il complesso zinco-carnosina potrebbe esercitare un ruolo protettivo delle cellule gastriche riducendo in maniera occasionale il livello di certe citochine in caso di infiammazioni minori dello stomaco7. Un altro studio ha appena confermato le proprietà antinfiammatorie del complesso zinco-carnosina. Alcune cellule MKN28 sono state utilizzate come modello di cellule epiteliali gastriche per studiare gli effetti del complesso zinco-carnosina su alcune citochine proinfiammatorie indotte dall’espressione dell’interleuchina 8. Sono stati anche osservati i suoi effetti sul fattore di trascrizione nucleare kappaB che regola l’espressione dell’IL-8. I risultati suggeriscono che il complesso zinco-carnosina diminuisce la risposta infiammatoria delle cellule gastriche mucosali.

Un ruolo inibitore sull’Helicobacter pylori

Si ritiene che più del 50% della popolazione mondiale sia infettata dal batterio Helicobacter pylori, responsabile delle ulcere gastriche. Si constata la presenza del batterio in più dell’80% delle persone colpite da ulcere gastriche. I farmaci antinfiammatori non steroidei (AINS) si posizionano al secondo posto nel ruolo di responsabili di ulcere peptiche. L’Helicobacter pylori, come gli AINS, perturba il funzionamento della membrana mucosale dello stomaco, permettendo agli acidi di entrare in contatto con la parete.
Il trattamento convenzionale delle ulcere implica una diminuzione delle quantità di acido nello stomaco, generalmente tramite l’utilizzo di antiacidi o di bloccanti dell’istamina associati a degli antibiotici che tentano di far scomparire l’infezione batterica.
Gli studi si sono focalizzati essenzialmente sulla capacità del complesso zinco-carnosina di combattere l’infezione da Helicobacter pylori e sul miglioramento della protezione mucosale. Una rivista sui farmaci delle ulcere gastrointestinali ha esaminato l’azione del complesso zinco-carnosina, osservando che lo zinco evita direttamente la crescita dell’Helicobacter pylori e inibisce l’attività dell’ureasi prodotta dal batterio9. Il centro attivo dell’ureasi contiene uno ione nickel, indispensabile per la sua attività enzimatica. Quando il nickel viene sostituito dallo zinco, l’ureasi è considerevolmente inattiva. Alcuni ricercatori hanno proposto l’ipotesi che il complesso zinco-carnosina inibisce in questo modo la crescita dell’Helicobacter pylori.
I ricercatori hanno anche constatato che il complesso zinco-carnosina potenzializzava l’attività di sradicamento del batterio da parte degli antibiotici. Uno studio ha mostrato che un trattamento che associava antibiotici e il complesso zinco-carnosina aveva come risultato uno sradicamento quasi completo dell’Helicobacter pylori, laddove gli antibiotici da soli avevano praticamente il 20% di insuccesso10.
Altri studi mostrano che il complesso zinco-carnosina inibisce l’infiammazione gastrointestinale così come l’attivazione dei leucociti associati all’Helicobacter pylori11, 12. Stimola l’espressione del fattore di crescita mucosale per guarire le lesioni13. Protegge anche lo stomaco dalle lesioni mucosali indotte dagli AINS probabilmente grazie alle proprietà antiossidanti e antinfiammatorie14.

Rinforza il trattamento dell’epatite virale

Uno studio sull’uomo ha esaminato l’effetto combinato del complesso zinco-carnosina e di interferone alfa nel trattamento dell’epatite C. Questo studio è stato realizzato su un gruppo di giapponesi infettati dall’epatite C di tipo 1b. A dieci pazienti è stata somministrata quotidianamente per 4 settimane un’iniezione da 10 milioni di unità di interferone seguita da un’iniezione tre volte alla settimana per 20 settimane. Nove altri pazienti hanno assunto quotidianamente 300 mg di solfato di zinco oltre a questo trattamento e quindici altri hanno assunto 150 mg al giorno del complesso zinco-carnosina oltre all’interferone. I risultati hanno mostrato una percentuale di risposta completa (sradicamento del virus) dei tre trattamenti diversi: il 20 % con il solo interferone, l’11 % con l’interferone e lo zinco e il 53,3 % con l’interferone associato al complesso zinco-carnosina15. L’effetto sinergico di un’integrazione di zinco sulla risposta all’interferone è stata valutata su alcuni pazienti con un’epatite C che non rispondevano al trattamento in uno studio pilota. Non c’era alcuna differenza clinica fra i pazienti che avevano ricevuto l’interferone da solo o l’interferone combinato con il complesso zinco-carnosina.
Tutti avevano in partenza più di 105 copie del virus per ml di siero. 10 milioni di unità di interferone alfa naturale sono state somministrate quotidianamente per quattro settimane, seguite da una dose simile ogni due giorni per 20 settimane a 40 pazienti. Un altro gruppo di 35 pazienti hanno ricevuto in più 150 mg al giorno del complesso zinco-carnosina per le 24 settimane di trattamento. Una risposta completa al trattamento era stata definita da un RNA HCV serico negativo e da dei livelli normali di aminotransferasi sei mesi dopo il trattamento. Una risposta incompleta era caratterizzata da un enzima epatico normale e una reazione serica positiva all’RNA HCV.
I pazienti che in partenza avevano i livelli più elevati di HCV serico (più di 5 volte 105 copie per ml) hanno risposto scarsamente al trattamento nei due gruppi. I pazienti che avevano dei livelli moderati di HCV serico (da 105 a 4,99 volte 105/ml) hanno risposto meglio al trattamento combinato con l’interferone singolo, indicando che un’integrazione con il complesso zinco-carnosina migliora la risposta al trattamento tramite l’interferone in alcuni pazienti affetti da epatite C cronica incurabile16.



1. Furuta S. et al., Jpn J. Pharmacol., 1995 Apr, 67(4) : 271-8.
2. Furuta S. et al., J. Pharma. Biomed. Anal., 1999, 19 : 453-61.
3. Hiraishi H. et al., Aliment Pharmacol. Ther., 1999, 13 : 261-9.
4. Kato S. et al., Dig. Dis. Sci., 1997, 42(10) : 2156-2163.
5. Nishiwaki H. et al, J. Physiol. Pharmacol., 1999 Jun, 50(2) : 183-95 ; Suzuki H. et al., J. Gastroenterol., 1999, 34 Suppl 11 : 43-6.
6. Fuji Y. et al., Jpn J. Pharmacol., 2000 Sept, 84(1) : 63-70.
7. Naito Y. et al., Dig. Dis. Sci., 2001, 46 (4) : 845-851.
8. Tadahiti S. et al., The J. Pharmacol. Experimen. Therap., 1999, vol 291 n° 1, 345-352.
9. Furuta S. et al., Nippon Rinshon., 2002, 60 Suppl 2,717-20.
10. Kashimura et al., Aliment Pharmacol. Ther., 1999 April, 13(4) : 483-7.
11. Suzuki H. et al., Aliment Pharmacol. Ther., 2001, 15 : 715-25.
12. Handa O., Can. J. Gastroenterol., 2002 Nov, 16(11) : 785-9.
13. Korokiewicz R. et al., Dig. Dis. Sci., 2000, 45 ; 6: 1200-9.
14. Naito Y. et al., Dig. Dis. Sci., 2001, 46 ; 4 : 845-71.
15. Nagamine T. et al., Biological Trace Elements Research, 2000, vol 75, issue 1-3 : 53-63.
16. Takagi H. et al., J. Vir. Hepat., 2001 Sept, 8(5) : 367-71.
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